UN 8 MARZO DA DIMENTICARE

Io, donna di Bernareggio, non ricorderò questo 8 marzo per il giallo gioioso della mimosa ma per la fila interminabile di alberi che la mano dell’uomo ha abbattuto in pochissime ore. (di Candida Maggioni)

Al di là dell’esito della contrapposizione che ne è scaturita tra interesse pubblico e privato, quello che ferisce di più e inquieta è che l’uomo che ne è responsabile è un contadino, la figura più vicina alla terra, che vive con la terra e che dovrebbe per primo averne a cuore la sua salute. Invece, per guadagno, rinuncia a quegli alberi che hanno riparato il suo fondo dall’erosione del vento, dall’arsura del sole, che lo hanno aiutato a trattenere l’umidità, a mantenere un corridoio di biodiversità necessario e utile alla coltura agricola impoverita delle componenti vegetazionali a causa della meccanizzazione delle pratiche di coltivazione e … gli alberi diventano legna da ardere.

La collettività tutela il paesaggio rurale e riconosce all’attività agricola una funzione di salvaguardia dell’ambiente, eroga sostegno economico all’attività agricola, quindi ogni cittadino contribuente partecipa a questo sostegno. Tutti sappiamo di vivere in un ambiente fragile e di dover fare, ognuno per la propria parte, qualche sacrificio per non peggiorarne le condizioni. E’ triste rilevare che, al momento buono, l’interesse del denaro calpesta tutti gli altri.

E che dire della proprietà? Da un imprenditore che ha fatto la sua fortuna in Bernareggio e che ha consumato tanto del nostro e suo territorio credo fosse giusto aspettarsi una assunzione di coscienza ben diversa. Questo intervento non gli fa onore ed è una medaglia nera da appuntarsi al petto.
Io donna e madre che voglio prefigurare un futuro per questo bistrattato pianeta, oggi, piango.